Efficacia della terapia noetica, nuovo studio

giovedì 28 gennaio 2010

Il tema. Pregare può avere effetti diversi per chi prega. Ma la preghiera degli altri che effetto ha su di noi? Da tempo si cerca di ottenere qualche dato plausibile sull’argomento. Ora The Lancet pubblica i risultati di uno studio sulla preghiera d’intercessione a distanza. Ebbene, per pazienti sottoposti ad interventi cardiovascolari per i quali si è pregato o ai quali si è somministrata al capezzale una terapia immaginativa con musica, stimolazioni immaginative e tattili, non è stato riscontrato alcun miglioramento clinico. Gli autori rilevano tuttavia che i pazienti sottoposti a terapia immaginativa presentano un tasso di mortalità a sei mesi leggermente più basso. Peraltro, interventi noetici come l’omeopatia e la preghiera d’intercessione, che non ricorrono quindi a farmaci o a dispositivi e che lo studio ha messo sullo stesso piano, sono assai diffusi nella popolazione; purtroppo, mancano ad oggi studi consistenti sulla loro efficacia.




Lo studio. Mitchell Krucoff ed i suoi colleghi del Duke University Medical Center hanno reclutato nello studio MANTRA II in nove centri statunitensi 700 pazienti sottoposti a cateterismo e a rivascolarizzazione coronarica percutanea. A 371 pazienti è stato assegnato un gruppo di preghiera a distanza, mentre a 377 no. Il gruppo di oranti comprendeva fedeli cristiani, musulmani, ebrei e buddisti. Inoltre, la metà dei pazienti è stata sottoposta anche a terapia immaginativa, comprendente l’insegnamento ai pazienti di tecniche respiratorie e momenti ludici di ascolto di musica classica o country nel corso delle cure. Già nel 1998 Krucoff aveva varato il Mantra Study Project, analizzando l’uso di cinque terapie noetiche (tra cui la preghiera), attraverso uno studio su 150 pazienti cardiopatici. Cristiani, monache carmelitane, battisti, moravi, ebrei e monaci tibetani avevano allora pregato per questi pazienti da luoghi lontani come il Nepal. Abbiamo chiesto al professor Krucoff se i malati del MANTRA II erano consapevoli delle preghiere che venivano dette per loro: “Certamente, tutti i pazienti erano al corrente di essere inseriti nello studio e che questo accordava loro un 50 per cento di possibilità di essere oggetto di preghiera di altre persone. Dal momento che lo studio è stato condotto in doppio cieco, i pazienti non sapevano – e neppure noi ricercatori, ovviamente – se erano poi entrati nel gruppo per il quale si pregava oppure no. Inoltre, a causa del consenso informato, ai pazienti è stata esplicitata l’affiliazione religiosa di ogni orante coinvolto nello studio (quindi, cristiani, musulmani, buddisti, ebrei, ecc.)”.



Risultati e commenti. Al dunque, i ricercatori hanno constatato che nessuna delle terapie alternative, da sola o in combinazione, ha sortito un effetto misurabile sulle cure in merito agli eventi cardiovascolari, alla riammissione ospedaliera e alla morte. I pazienti trattati con terapia immaginativa mostravano però un minor stress nell’affrontare le procedure interventistiche, presentando un tasso leggermente inferiore di mortalità a sei mesi, rispetto a quelli che non avevano ricevuto la terapia. Krucoff ne conclude che “se vogliamo comprendere il ruolo dell’insieme delle risorse che l’uomo ha a disposizione in epoca di tecnologie mediche avanzate, dobbiamo innanzitutto fare della buona scienza. Non avendo idea dei meccanismi coinvolti nelle antiche pratiche di guarigione, come la preghiera, gli stimoli tattili o la musica, occorre basarsi sulla ricerca strutturata degli esiti che ci consente di raccogliere dati che possiamo poi interpretare in molti modi. Nonostante nessun effetto sia stato raggiunto da questi trattamenti alternativi a livello di endpoint primari, possono essere utili analisi secondarie per generare ipotesi che guidino nuovi, futuri trial”. Il commento del Lancet è affidato ad un editoriale sullo stesso numero della rivista: “I risultati dello studio MANTRA II bocciano dunque l’uso delle terapie noetiche nella moderna medicina scientifica? Una simile conclusione sarebbe prematura. Il contributo che speranza e fede portano alla personale comprensione della malattia non può essere sottovalutato. La scienza deve tenerne conto, anche se quegli ambiti trascendono i suoi attuali confini”.



Reference: YAHOO SALUTE

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